Le ferite del passato fanno parte di noi, come un tatuaggio indelebile ma invisibile che è rimasto impresso su pelle e cuore.
Le abbiamo odiate e detestate, e con loro magari anche noi stessi appunto perché così amalgamati in un’unica cosa.
Poi però si arriva un giorno quasi a benedirle, perché dopotutto ogni ferita insegna qualcosa e permette di crescere.
Quando ci si sposa le ferite del passato non svaniscono, probabilmente non ci fanno più soffrire come prima, ma ci condizionano a livello inconscio.
Le ferite del passato possono essere state un lutto, una malattia, la separazione dei propri genitori o molto altro ancora.
Il coniuge ci sceglie nella nostra interezza, con il nostro bagaglio di ricordi e sofferenze; e su queste ferite può gettare balsamo o sale, a seconda della sua sensibilità e di quanto abbia interiorizzato quanto espresso da Cesare Pavese “Tu sarai amato il giorno in cui potrai mostrare la tua debolezza senza che l’altro se ne serva per affermare la sua forza.”
Non c’è niente che allontani di più di un coniuge che anziché comprendere rinfaccia, anziché lenire deride. Quanto ci si sente più intimamente vicini e in comunione se invece l’altro riesce a nutrire un rispetto profondo nei confronti di ciò che ci ha fatto soffrire! Sono quei partner che entrano nel tuo dolore in punta di piedi senza fare troppe domande né esprimere giudizi, quasi timorosi che quella ferita possa riaprirsi, ma solidi e presenti sembrano voler sussurrare un “ci sono, se vuoi parlarne, se ti ritorna in mente qualcosa, se hai bisogno anche solo di un abbraccio…sono qui”.
Sentirsi compresi e protetti (ovviamente non in modo maniacale né genitoriale) permette di abbassare molte difese.
In che modo ci condizionano le ferite del passato?
Le ferite del passato sicuramente incidono sul nostro carattere, sulla nostra personalità, sulle nostre paure, sui nostri desideri e sulle nostre priorità. Sul quanto incidano e sulla positività o negatività della loro influenza dipende da quanto sono state rielaborate, insomma dipende in gran parte da noi e da quanto riusciamo a metterci in gioco per lasciarci aiutare.
Poniamo il caso che il soggetto in questione abbia fatto un buon lavoro su di sé ( e se non lo ha fatto è bene che il partner lo accompagni e lo sproni a farlo per la felicità di entrambi!): quali sono le cose che possono comunque tornare a galla?
Ci sono persone che soffrono di attacchi di panico, altre ancora hanno problemi nella gestione dell’ansia o nella loro relazione con il cibo e così via: ognuno reagisce a modo suo.
Tuttavia se è stato fatto un buon lavoro su di sé, quel che rimane sono per lo più fragilità di entità minore che si notano a livello caratteriale: ci sono persone che mostrano un maggior bisogno di sicurezze o conferme , altre che vengono colte da momenti di tristezza o di isolamento improvvisi, alcune che non si sentono mai amate abbastanza, altre ancora che faticano a dimostrare all’altro il loro amore.
La differenza principale tra le ferite del passato e quelle di oggi
Abbiamo in parte già parlato delle ferite che ci si può provocare a vicenda tra coniugi, ora stiamo invece parlando di dolori provocati da fattori esterni alla coppia e in particolare da eventi accaduti prima che si costituisse la nostra relazione.
In questo caso il partner ci ha già conosciuti e scelti con tale fardello e questo a livello di consapevolezza aiuta perché, se è vero che molte cose vengono a gallastrada facendo, è anche vero che se ci si impegna a conoscersi a fondo prima il tutto emerge in superficie palesandosi davanti ai nostri occhi.
Diverso è se invece accade qualcosa dopo che i due si sono sposati: non per questo ci saranno crisi insormontabili ( dopotutto fa parte della vita! Vi siete giurati di amarvi nella buona e nella cattiva sorte anche per questo!), ma il cambiamento caratteriale del partner può esser vissuto in maniera più destabilizzante, specie se si tratta di un evento improvviso.
Prendiamo ad esempio una ferita del passato oggi molto comune: la separazione dei propri genitori
Quando ho deciso di sposarmi, un adolescente mi ha domandato: “Ti sposi? Ma i tuoi sono separati! Non hai paura che possa succedere anche a te?”
Ho in seguito notato che questo atteggiamento molto pessimista è piuttosto diffuso tra i giovani, reduci da una società che ha visto un numero di fallimenti sempre in crescita.
Di fronte a questo uno può rimanere schiacciato dalla paura. Ciò è comprensibile perché si sta molto male (ve lo dice una che ha avuto a che fare con una separazione dei propri genitori davvero molto difficile e sofferta, per la quale si è anche ammalata…ma questa è una storia molto personale!) e penso lo spieghi molto bene Silvana De Mari con queste parole:
“C’è qualcosa di molto sottovalutato: è il dolore del figlio nella separazione dei genitori. Alcuni bambini dichiarano di essere stati contenti alla separazione. Il fatto è che i genitori avevano reso la vita un tale inferno di belligeranza permanente che la separazione è stata meglio. È lo stesso concetto per cui la resa è meglio di un assedio senza speranza. I bambini nascono da padre e madre, nei loro lineamenti ci sono i lineamenti di entrambi, due stirpi che si uniscono. Quando il padre guarda con amore la madre, il figlio ha una prova del suo valore, quando la madre guarda con amore il padre, il figlio ha una prova del suo valore. Il contrario nel disprezzo; nelle urla, negli insulti. Più i genitori si insultano più il bambino perde il senso del proprio valore. La separazione è un lutto, una perdita di sicurezza, il libro di algebra sempre nella casa sbagliata, la speranza sempre delusa che i due incauti si rimettano insieme. Oppure un incauto solo, che sta imponendo la sua volontà di andarsene a quella degli altri, di vederlo restare. Non vi inventate che sia indolore.”
Tuttavia un’alternativa al rimanere paralizzati dalla paura c’è: utilizzare il timore come trampolino di lancio per cercare di investire davvero tutte le proprie capacità nel dare il meglio di sé. Questo è proprio un tratto distintivo di noi di Briicks: credere che “amarsi non è né semplice né automatico, ma è una cosa che si impara a fare giorno dopo giorno,con pazienza e impegno; imparando a mettere un mattoncino dopo l’altro per rendere solida e forte la relazione. ”
Inoltre essere consapevoli di quanto sia sofferente una separazione può aiutarci a ricordare l’importanza che ha e deve avere il nostro rapporto di coppia!
Cinque citazioni di Alessandro d’Avenia (dal libro “L’arte di essere fragili“) per affrontare in modo positivo le ferite del passato:
1- “Malinconia è vedere l’enorme fragilità del mondo e non scappare, ma chinarsi a riparare, senza stancarsi.” : questo è quanto siamo chiamati a fare non solo nei confronti del mondo che ci circonda, ma anche con il nostro dolore che con quello del nostro coniuge. Scappare non serve, fare la fatica di chinarsi e riparare invece fa la differenza!
2- “C’è un altro modo per mettersi in salvo ed è costruire un’altra terra, fecondissima, la terra di coloro che sanno essere fragili.” : ci sono persone che ammettono di essersi messi in gioco, di aver fatto tutto il possibile ma di non esser riusciti ad ottenere i risultati sperati. Costruire un’altra terra non vuol dire solo cercare di riparare alle ferite del passato con gioie del presente, ma anche accettare le proprie fragilità e quelle del coniuge rispettandole e amandole per quello che sono.
3- “La mancanza di conoscenza di se stessi porta all’infedeltà a se stessi. A cercare fuori ciò che non si ha il coraggio di cercare dentro.” : quanto è importante imparare a conoscersi e a guardarsi dentro! Altrimenti rimaniamo prigionieri delle nostre ferite del passato! L’altro ci può aiutare molto, ma la prima forza di volontà nel mettersi in gioco deve partire da noi. Dobbiamo farlo per l’altro, ma prima di tutto per noi stessi!
4-“Gioia e dolore, insieme ,piangono con le stesse lacrime, l’essenza dell’essere uomini.” : imparare a portare l’uno il peso dell’altro fa crescere nell’amore. Non è solo la gioia ad unire! Il dolore, se vissuto in modo costruttivo senza ripiegarsi in se stessi più del dovuto permette di farci conoscere per quello che siamo con le nostre miserie ed i nostri bisogni e quindi ci rende molto più amabili!
5-“A tutti gli uomini e le donne che difendono le cose fragili, perché sanno che sono le cose più preziose” : le ferite del passato lo abbiamo già detto, alla fine dei conti possono esser considerate anche benedizioni. Imparare a difenderle, a farne uscire qualcosa di buono sforzandosi di trovarvi del positivo anche quando sembra lontano anni luce è un po la chiave della felicità!
«In realtà quando un predatore entra nella conchiglia nel tentativo di divorarne il contenuto e non ci riesce, lascia dentro una parte di sé che ferisce e irrita la carne del mollusco, e l’ostrica si richiude e deve fare i conti con quel nemico, con l’estraneo. Allora il mollusco comincia a rilasciare attorno all’intruso strati di se stesso, come fossero lacrime: la madreperla. A cerchi concentrici costruisce in un periodo di quattro o cinque anni una perla dalle caratteristiche uniche e irripetibili. Ciò che all’inizio serviva a liberare e a difendere la conchiglia da quel che la irritava e distruggeva diventa ornamento, gioiello prezioso e inimitabile. Così è la bellezza: nasconde delle storie, spesso dolorose. Ma solo le storie rendono le cose interessanti…» (Alessandro d’Avenia _ Cose che nessuno sa)